(Migjeni) Nikolla Milosh Gjergj
Mais! Mais!
Nel vigesimo secolo non esistono apoteosi dei Dei, ma apoteosi del mais. Le nostre montagne, che una volta erano gli altari delle apoteosi degli Dei, oggi si sono trasformate in apoteosi del Mais.
Un chicco di mais é il chicco del dolore quando c’è molta fame e niente mais.
La parola mais contiene in se stesso le leggende nate dal desiderio per la vita. Il desiderio per la vita e tanto grande e meravigliosa quanto le nostre montagne che aprono i loro seni a seppellire la gente affamata. E nelle alture delle montagne giganti, legenda diventa anche la nascita, legenda é anche la vita, legenda é anche la morte. E questa legenda amara e piena di sofferenze storiche che nel secolo ventesimo diventa straziante, ti spezza il cuore e ti fa piangere.
Mais! Mais!
Un grido per salvare la vita. Apoteosi del vigesimo secolo. Nome dei Dei che escono dalle labbra i bambini che appena iniziano a balbettare – ma mais! – mais – é la parola del giorno, é sinonimo della vita per gli abitanti leggendari di queste montagne selvagge.
Echeggiano le gole delle montagne dalle grida dei montanari affamati, che in fila, uno dietro all’altro camminano ciascuno carico di mezzo sacco di mais. La loro fila é lunga, senza fine, come é lunga e senza fine la loro sofferenza. Sulle loro spalle portano un mezzo sacco di mais, portano su di se la propria vita, portano su di se Dio. Il vero Dio – il Mais tanto desiderato.
Mais! Mais!
La notizia che verrebbe distribuito del mais esce dal cuore della terra, scorre per le profonde vene fino alle membra intorpidite di quel suolo chiamato stato. E fa tremare di gioia gli esseri umani che non hanno più niente per mantenere viva la vita.
Come formiche raccolte attorno ad un chicco di mais, cosi pure davanti alla sede della sotto/prefettura, stanno riuniti i montanari attorno al deposito del mais – Ai villaggi inclusi in questa sotto/prefettura verrà distribuito del mais. Le selvagge montagne immerse nella nebbia e neve, ed il cielo che versa pioggia e ti bagna fino al midollo delle ossa, come se volesse ostacolare la strada al montanaro. Ma chi può frenare il carretto quando va a ricevere il mais. Mais per i suoi bambini diventati scuri per la miseria, e che quando stendono le mani, somigliano a dei piccoli fantasmi. E proprio questi bambini sono i veri martiri della tragedia umana. Martiri tragici in questa parte del mondo, che, agli stranieri li fa ricordare per le loro leggende storiche. Leggende storiche legate ad una felicità leggendaria. La vera felicità oramai é lontana, molto lontana da questi nidi d’aquila.
Attraverso le gole delle montagne s’incammina il montanaro con solo sul corpo una camicia ed un paio di leggendarie brache, per poter giungere al centro della sotto/prefettura e poter ricevere il mais. Il suo petto sembra un pezzo di granito staccatosi dalla montagna e collocato su due gambe diritte e forti come tronchi di bosco. E si muove questo pezzo di montagna senza fiatare. Davanti al deposito del mais perde le sue caratteristiche di qualità e diventa codardo. Diventa servile, pusillanime, perché – pensa lui – é cosi che lo chiede la legge, l’impiegato, al contrario non c’è mais. “Ai suoi ordini signore” va a ripeterlo tante e tante volte in forma ridicola, con voce rauca, con gesti da scimmia – solo per non suscitare l’odio di questi angeli incaricati di distribuire il mais.
E dopo aver preso il mais, partono uno dietro all’altro lungo lo stretto sentiero della montagna e della vita. Succede poi che a qualcuno cadono per terra da un bucherellino del sacco alcuni chicchi di mais, il compagno che lo segue, senza prestarle attenzione, li calpesta, allora il terzo senza trattenersi le lancia una inesorabile maledizione “Ehi tu! Non calpestarli, che ti maledica la Fata!”. Poiché il vigesimo secolo, é il secolo della apoteosi del mais fra i nidi d’aquila.
Migjeni – 1936
Tradotto: Robert Cipo